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Belgrado segreta: l’antico cimitero e il palazzo bombardato

Belgrado è una città che non ama mostrare tutto al primo sguardo. Non è sicuramente Londra, Parigi, Roma. Non colpisce con la bellezza sfolgorante dei suoi monumenti, né con il fascino delle più blasonate capitali europee. Le sue verità più profonde si celano nelle crepe, nei silenzi, nei luoghi ormai dimenticati.

Ci sono angoli della capitale serba in cui il tempo si è fermato, dove la memoria non è stata ancora inghiottita dal progresso. Questo viaggio vi porta in due di questi luoghi: un cimitero ebraico abbandonato, avvolto dalla vegetazione e ammantato in tristi ricordi, e un palazzo bombardato che si erge come un monito nel cuore della città.

Belgrado jewish cemetery

SILENZIO TRA LE EDERE: IL CIMITERO EBRAICO DI BELGRADO

🕯️ Un archivio di vite spezzate

Situato sulla collina di Zvezdara, il Cimitero Ebraico di Belgrado è uno dei più antichi e meno conosciuti d’Europa. Fu inaugurato nel 1888, dopo che la comunità ebraica di Belgrado — composta sia da sefarditi (discendenti degli ebrei espulsi dalla Spagna nel XV secolo) che da ashkenaziti — aveva raggiunto dimensioni tali da necessitare un nuovo spazio di sepoltura.

Durante la prima metà del Novecento, il cimitero si arricchì di mausolei, tombe monumentali, meravigliose lapidi scolpite e iscrizioni in varie lingue, tra cui ebraico, tedesco e serbo. Era il riflesso di una comunità integrata, colta, variegata, con importanti figure pubbliche, intellettuali e commercianti.

Poi venne il 1941.

L’invasione nazista della Jugoslavia portò all’arresto e alla deportazione della quasi totalità degli ebrei belgradesi. Il cimitero smise di essere un luogo di preghiera e divenne un simbolo di perdita.
Nel dopoguerra, con la comunità drasticamente ridotta e la Jugoslavia impegnata in una ricostruzione più ideologica che spirituale, molte zone del cimitero furono lasciate in balia del tempo.

In balia del suo instancabile e inesorabile abbraccio.

Belgrade jewish cemetery
🌿 Un luogo dove il tempo è palpabile, visibile, percepibile

Oggi, camminando tra i vialetti invasi dall’erba alta, ci si imbatte in lapidi spezzate, affondate nella terra, o piegate dal peso degli alberi cresciuti accanto. Alcuni mausolei sono ancora in piedi, ma la ruggine ha divorato i cancelli e il muschio coperto i nomi.

Il silenzio è quasi palpabile. Interrotto solo dal canto lontano di un uccello o dal crepitio delle foglie secche sotto i piedi.

Belgrade jewish cemetery

Ci aggiriamo nel camposanto, quasi intimoriti dalla profonda spiritualità che aleggia tra i monumenti funebri, osservando la vegetazione riprendersi pian piano i propri spazi, abbracciando le ultime vestigia delle persone che qui riposano.

Un piccolo dettaglio cattura presto la nostra attenzione.

“Sulle tombe inghiottite dall’edera, tra nomi ormai illeggibili, compaiono piccoli sassi bianchi. Non parlano, ma raccontano: qualcuno è passato, ha ricordato, ha sussurrato un nome al vento”

Qual è il loro significato? “Sono stato qui, ti ho ricordato“.

Nella cultura ebraica e nell’antica tradizione biblica, le pietre segnano luoghi sacri o importanti. I sassolini tengono, simbolicamente, l’anima ancorata alla tomba: un modo per creare uno spazio protetto, di dialogo, tra i vivi e i morti…

📜 Un luogo di storie e leggende

Tra gli abitanti del quartiere circolano alcuni, curiosi, racconti riguardanti il cimitero ebraico:

  • Si dice che una lapide di pietra nera, vicina al vecchio muro di cinta, porti incisa una benedizione cabalistica rovesciata. Chi la tocca, raccontano, sogna per tre notti la stessa figura: un uomo vestito di nero, con un cappello a tesa larga. Chi sarà la misteriosa figura?
  • C’è chi giura che nelle notti d’inverno si sentano preghiere mormorate in una lingua antica — non slavo, non tedesco, ma ladino sefardita (dialetto parlato tra i discendenti degli ebrei espulsi dalla Spagna)
  • Alcuni storici locali sostengono che nel cimitero riposino anche membri della resistenza partigiana ebraica, caduti combattendo contro i nazisti. Ma le loro tombe non sono mai state trovate…
Belgrade jewish cemetery
Belgrade jewish cemetery
🕊️ Un luogo di pace e memoria

Una volta entrati all’interno del cimitero, vi sarà impossibile non notare l’imponente struttura che troneggia al termine del viale centrale.

Nel cuore del cimitero ebraico di Belgrado si erge un monumento commemorativo, progettato dall’architetto Bogdan Bogdanović e inaugurato nel 1952.

Il monumento, dedicato alle vittime ebree del fascismo, è costituito da due ali di cemento rivestite di granito, alte 10,5 metri, che si aprono verso l’alto, creando un effetto di “antiprospettiva”.

Al centro delle ali, perfettamente visibile sin dall’ingresso, si trova una Menorah, simbolo della fede ebraica, che rappresenta la luce e la speranza.

Alla base del monumento sono stati utilizzati frammenti di pietra provenienti dalle rovine del quartiere ebraico di Dorćol, distrutto durante la Seconda Guerra Mondiale, e da lapidi danneggiate del vecchio cimitero ebraico di Palilula.

Questo memoriale, che vuole trascendere le ideologie politiche e concentrarsi sulla memoria e sulla sofferenza umana, è per noi uno dei simboli più potenti ed evocativi della sofferenza di una città intera. Città che, nel corso della propria lunga e travagliata storia, di dolore ne ha provato tanto…

Belgrade jewish cemetery
Belgrade jewish cemetery
Belgrade jewish cemetery

IL PALAZZO DELLA DIFESA: L’OMBRA DEI BOMBARDAMENTI

Nel cuore di Belgrado, all’angolo tra via Nemanjina e Kneza Miloša, si erge un colosso ferito: il Generalštab, il palazzo del Ministero della Difesa della ex Jugoslavia, bombardato nel 1999 durante l’intervento della NATO nella guerra del Kosovo. Non è stato mai del tutto demolito, né restaurato: resta lì, come un gigante spezzato, a perenne monito e testimonianza, ombra di uno scomodo passato.

Belgrade bombed building, Generalstab
📜 Un edificio iconico, prima ancora della guerra

Il palazzo, costruito tra il 1955 e il 1965, fu progettato dal celebre architetto Nikola Dobrović, uno dei pionieri del modernismo jugoslavo. Con le sue forme monumentali e spigolose, ispirate ai canyon del Monte Sutjeska (luogo di un’epica battaglia partigiana tra le forze naziste e quelle di Tito), rappresentava non solo l’autorità militare, ma anche l’identità architettonica e ideologica della Jugoslavia socialista.

L’edificio era diviso in due blocchi speculari collegati da un ponte: uno ospitava lo Stato Maggiore dell’Esercito, l’altro il Ministero della Difesa.

💥 26 e 27 maggio 1999: il palazzo colpito

Durante i bombardamenti della NATO, che avevano come obiettivo la cessazione delle repressioni in Kosovo, il palazzo venne colpito ripetutamente, con attacchi mirati che lo devastarono parzialmente.

Insieme ad altri obiettivi strategici e infrastrutture militari della Serbia, l’edificio fu in parte raso al suolo. Le immagini delle esplosioni e delle macerie fecero il giro del mondo: il cuore della capitale era stato violato.

Molti cittadini ricordano ancora oggi il rumore sordo delle esplosioni, le notti insonni, il bagliore sinistro del fuoco nel cielo, riflesso nelle finestre e negli occhi delle persone. Si stima che in quell’attacco persero la vita alcuni civili e membri del personale.

Belgrade bombed building, Generalstab
Un luogo pieno di significato

Dopo la guerra, il palazzo non è mai stato ricostruito. Rimane in rovina, come se fosse congelato nel tempo. Negli anni si è acceso il dibattito sul suo destino: demolire o preservare? Cancellare la ferita o lasciarla visibile come monito?

Molti belgradesi vedono in quella carcassa urbana un simbolo della resilienza della città e della memoria storica: una rovina che parla, che grida, che non vuole essere dimenticata. L’ennesimo simbolo di una città che per tante volte è stata rasa al suolo, distrutta, umiliata. Ma che ha sempre saputo risollevarsi.

Altri la considerano una ferita mai rimarginata, segno di paralisi politica e incapacità di chiudere i conti con uno scomodo passato.

La sua presenza, imponente e dolorosa, ci ha imposto una domanda a cui è difficile rispondere…


La guerra è veramente finita, quando le macerie si stagliano ancora nel cielo, ben visibili agli occhi di chi cerca di ripartire?


Nel corso degli anni, diverse proposte si sono susseguite per trasformare il palazzo in un museo della pace, in un centro culturale sulla storia della Jugoslavia, addirittura in un hotel!

Ma ogni proposta è rimasta bloccata tra politica, burocrazia e la dolorosa memoria di un triste evento.

E così, il Generalštab resta lì: vuoto, danneggiato, ma vivo, un libro aperto sul doloroso epilogo di un Novecento travagliato.

Belgrade bombed building, Generalstab

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